di Mons. Nicolò Anselmi (Vescovo Ausiliare Diocesi di Genova)
Lo stato d’animo prevalente che ancora oggi mi accompagna a tre mesi di distanza dalla conclusione del Sinodo è quello della gratitudine; esperienze di questo tipo aprono il cuore alla speranza.
Partecipare alla XV Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi su “Giovani, Fede e discernimento vocazionale” dal 3 al 28 Ottobre a Roma, è stata un’esperienza di Chiesa veramente straordinaria, un dono che il Signore ha voluto farmi e che ha segnato profondamente la mia vita.
243 Padri Sinodali, 37 giovani uditori (con possibilità di intervenire anche se non di votare), esperti, religiosi e religiose, laici, educatori e il Santo Padre…. Il Papa sempre con noi, ad ascoltare, sempre disponibile all’incontro, anche nelle pause; al mattino e al pomeriggio il Santo Padre, prima di iniziare i lavori si faceva trovare per primo nell’atrio della sala Nervi per salutare tutti coloro che entravano.
E’ stato entusiasmante l’essere raccolti intorno al Papa, vescovi e laici provenienti dai cinque i continenti, in modo così prolungato, con l’intento di conoscersi, parlarsi e scoprire insieme la volontà di Dio.
La mia poltrona era in penultima fila: alla mia destra il vescovo ausiliare di Melbourne, alla mia sinistra uno dei vescovi ausiliari di Mexico City. Dall’alto della sala vedevo una grande quantità di zucchetti rossi e porpora; di fronte a me il tavolo della presidenza con al centro il Papa; alle spalle del Santo Padre una grande icona della Vergine Maria; ogni giorno, spontaneamente il mio cuore mi portava a meditare il mistero della Pentecoste: le invocazioni allo Spirito Santo, il fuoco della Pentecoste (rappresentato, dice qualcuno, dal copricapo rosso dei vescovi), le diverse lingue parlate (rese comprensibili grazie al lavoro dei traduttori), completavano la mia contemplazione del Cenacolo.
La presenza di rappresentanti della Chiesa Cattolica provenienti da ogni parte del mondo, compresi i due vescovi cinesi convocati all’ultimo momento, grazie al recentissimo incontro tra Cina e Santa Sede, hanno fatto risuonare nell’aula le gioie e le sofferenze del pianeta.
In questa polifonia ecclesiale e policromia giovanile, si è creato da subito un clima di grande unità, un grande desiderio di camminare insieme… La sensazione prevalente è stata quindi quella di una Chiesa unita che vuole essere con i giovani al servizio dei giovani.
La stessa parola “sìnodo” in greco. [σύνοδος parola composta da σύν «con, insieme» e ὁδός «via»] significa “strada insieme”… fare strada e, soprattutto, camminare insieme… mi riporta alla mente anche un certo modo di essere scout.
In ogni caso la bellezza di camminare insieme, di ascoltare i fratelli alla ricerca della volontà di Dio, credo sia oggi una strada fondamentale per la vita della comunità cristiana e la società in genere.
Fin dai primi interventi dei padri sinodali è affiorata la consapevolezza che ai giovani va dato uno spazio più ampio, che vanno ascoltati con più attenzione e va loro data una fiducia più concreta; i giovani sono già nella Chiesa, non sono semplici destinatari di azioni pastorali.
I giovani presenti al Sinodo hanno dato freschezza e novità con i loro interventi a tutti il dibattito; essi chiedono una Chiesa sempre più autentica in cui gli adulti siano in grado di offrire una testimonianza della loro adesione a Gesù in tutti i modi possibili: dalla preghiera, alla comunione dei beni, al desiderio di aiutarsi e essere al servizio dei più giovani.
Dal mondo giovanile, in questo periodo storico, sia nel mondo occidentale come altrove, viene fuori un urlo di sofferenza, unito a un urlo di desiderio di speranza. Queste urla vanno ascoltate; sono la voce di chi ha perso il senso della vita, di chi sta male, dei disoccupati, di chi vive in situazioni di guerra, di chi è stato abusato, violato; sono la voce di chi ha bisogno di speranza, di chi vuole scoprire la propria vocazione, felicità e santità.
Una cosa fra tutte mi ha molto colpito: in questa società che obbliga a vivere nella velocità e nell’efficienza, dove rimane effettivamente poco tempo per riflettere, per pensare alla propria vita, la richiesta dei giovani è di avere spazi e tempi in cui poter andare in profondità, alla luce del Vangelo, nell’incontro del Signore, alla scoperta di se stessi.
Il Sinodo è durato 25 giorni, da 3 al 28 ottobre 2018, un tempo lungo. La comunione, le relazioni hanno bisogno di tempo; l’amore e l’educazione non fanno rima con rapidità.
L’ascolto, la stima reciproca, i giovani, i poveri hanno bisogno di tempo. Per il bene delle persone, della Chiesa e dell’umanità credo meriti davvero che sia loro concesso.
Ai giovani il compito di non ritirarsi nei propri recinti, di non stare in silenzio, di lasciarsi coinvolgere.
L’assemblea sinodale ha prodotto un documento finale; sono stati affrontati temi importanti quali vocazione, mondo digitale, giovani migranti.
Il Santo Padre mi è sembrato contento, soprattutto per come si è lavorato insieme.
Il vero Sinodo comincia ora; mi sembra che lo Spirito Santo ci chieda uno stile pastorale più lento, coinvolgente, capace di ascoltare, di attendere, di rinunciare e qualcosa di nostro per stare insieme, di morire all’individualismo per risorgere nella comunione.
Buona santa strada a tutti.
+ Nicolò
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